Il mondo va avanti perchè ci riproduciamo.

Questo spesso ci sfugge perchè siamo portati a considerarlo semplicemente un fatto naturale. Siamo istintivamente orientati a creare il FUTURO. E i nostri figli sono il futuro.

Questo è sicuro.

Dobbiamo però ricordare che ognuno di noi è il futuro della generazione precedente. Siamo i figli considerati come “il futuro” dai nostri genitori.

Siamo insomma costantemente e contemporaneamente un futuro che si avvera e che costantemente ne genera di nuovo.

Ma va anche detto che la qualità e la concretizzazione del futuro (che è anche domani o fra un’ora,  …) dipende sempre dalla qualità del dialogo che le diverse generazioni hanno fra loro e con sé stesse.

Se dal dialogo si generano scelte costruttive, consapevoli, condivise, ragionate … allora le future generazioni, i figli dei nostri figli, potranno a loro volta continuare il percorso generato dai loro predecessori.
Ma siamo abituati più a consumare che a produrre.
Se ogni generazione non potesse contare su un passato che gli consegni un presente di VALORE, non avrebbe nulla su cui continuare a costruire il futuro.
E allora dovrebbe (ogni generazione) ripartire da zero.
Pensare al futuro non è quindi solo pensare “al nostro futuro” in senso egoistico, ma anche a quello di chi verrà dopo di noi. Potremmo anche far finta di nulla … ma genereremmo il nulla.
Ogni nuova generazione ha la propria energia, che si manifesta nell’interpretazione del mondo che trova, assorbendo vari segnali e usando lo strumento innato dello spirito critico.
Una qualità, questa, che col tempo tende a scemare se non la manteniamo viva, se ci adagiamo su determinate abitudini, se dimentichiamo di chiederci se è “tutto ok”, se non abbiamo generato stimoli o scelto azioni generative.
Essere giovani significa avere tempo davanti per scegliere cosa fare.
E se c’è una cosa che da sempre i giovani fanno è criticare o osteggiare (chi più chi meno) le generazioni che sono state giovani prima di loro.
E se c’è una cosa che i giovani possono fare è aiutare “i giovani da cui derivano” (la generazione precedente. ndr) ad avere visioni del futuro.
Che non significa  rinnegare il passato, ma semmai di riconsiderarne alcuni aspetti.
Ma perché vi dico questo? Cosa c’entra con la finanza? Credetemi: c’entra … e provo a spiegarmi.
Ci sono oggi milioni di persone, che sono state giovani, che non si fidano a fare investimenti … al massimo tengono i soldi in banca, o alle poste, o in buoni del tesoro, o cose così … senza rendersi conto che quei soldi vengono comunque usati per creare un futuro da cui non riceveranno che poco o nulla in cambio.
Facendo quelle scelte, legittime per carità, non riescono a comprendere fino in fondo che stanno comunque tenendo fermo un capitale che verrà comunque (ripeto comunque) usato per finanziare determinate attività.
Insomma coloro che sono stati giovani, di fatto investono pensando di non investire e ricevendo in cambio molto poco e a determinate condizioni, fra cui il vincolo di non poter riavere il loro capitale se non dopo alcuni anni.
I giovani che sono giovani oggi (proprio in questi anni dico), rispetto alle generazioni precedenti, hanno maggiori opportunità di vedere lontano.
Vuoi perché c’è internet, vuoi perché i mezzi di comunicazione sono più di un tempo e più veloci, vuoi perché si studia più a lungo … tante cose che consentono di osservare e interagire con il mondo, visitarlo molto più velocemente, fare scelte fra milioni di opportunità e non solo fra alcune com’era solo un paio di generazioni fa.
Ecco … le scelte sono cambiate.
I giovani di oggi possono scegliere più dei giovani di un tempo, ma sono poco abituati a decidere.
Il mondo della finanza cerca allora di avvicinarli, consapevole di questo, ma senza risultare credibile, perché la finanza -per sua natura- si basa sull’esperienza e una certa serietà e RESPONSABILITA’ che è più facile trovare in coloro che sono stati giovani, ma che non sanno comunicare ai giovani di adesso.
Questione proprio di linguaggio e di visione diversa.
Il ricambio generazionale che avviene in questi anni nelle aziende, soprattutto nelle aziende familiari, sottolinea quanto si sia amplificato il divario di pensiero fra generazioni.
Il mondo finanziario nel suo complesso arriva allora a pensare che sia necessario cambiare e adeguarsi alle nuove esigenze per rivolgersi a chi rappresenta il futuro del Paese. Giusto.
Ma questo non richiede “tecniche di comunicazione” bensì capacità empatiche di comprensione delle energie che i giovani di oggi hanno e che devono essere ascoltate e capite.
E da questo ascolto sono convinto che la finanza ne uscirà cambiata.
Io intanto mi porto avanti controemozionalmente.
Quindi che siate i giovani di oggi o di ieri … io vi aspetto.
Un saluto da un Sante senza età.